PORTADA ESPECIAL‎ > ‎Emilio Coco‎ > ‎

Inéditos E. Coco

         Poemas inéditos de Emilio Coco 

                Edición bilingüe, Traducción de Marco Antonio Campos

                    Ti lodiamo Signore

                per questa nostra doccia

                coi vetri trasparenti a portafoglio.

Ci piaceva così fuorimisura

novanta per novanta e la comprammo

per starci entrambi dentro.

Che meraviglia d’acqua

scrosciante sopra i nostri corpi nudi

che mista al bagnoschiuma disegnava

cirri paradisiaci.

                E saremmo rimasti

a vivere lì dentro

se il letto non ci avesse convocati

nella complicità

dei nostri giovani anni

odorosi di talco.

Lontane quelle notti in cui la carne

fremeva sotto i colpi del piacere

guardo le forme incerte

dietro gli stessi vetri

velati dagli spruzzi del vapore

mentre allo specchio stiro guance e fronte

nella caparbia lotta contro il tempo.                                      

Proviamo a far l’amore? ti propongo.

Fingi di non capire e mi sorridi

compassionevolmente

splamandoti la crema

sopra le cosce tremule.


        

                            Tealabamos Señor

                por nuestra ducha

con vidrios transparentes plegadizos.  

Nos complacía así en desmesura                       

noventa por noventa y la compramos

para estar ambos adentro.

Qué maravilla de agua chorreante              

sobre nuestros cuerpos desnudos   

que mezclada al baño espuma dibujaba            

nubecillas paradisíacas.      

Y nos habríamos quedado

a residir allá dentro

si el lecho no nos hubiese convocado

a la complicidad

de nuestros jóvenes años

olorosos a talco.        

Lejanas esas noches en que la carne

temblaba con los toques del placer.

Miro las inciertas formas

tras los mismos vidrios

velados por el vaho del vapor 

mientras en el espejo estiro mis mejillas

en la obstinada lucha contra el tiempo.

¿Hacemos el amor? propongo.

Finges no comprender y sonríes

compasivamente

poniéndote la crema   

sobre los muslos trémulos.

                              

           
 
Li affifo a te Signore questi neri

               che sbucano a decine a centinaia

a gruppi o in fila indiana

dal sottopasso della ferrovia

vicino a casa nostra.

Si avviano starnazzanti verso il mare

intasano la strada incuranti del traffico

che ti verrebbe voglia di gridare

per fargli il controcanto

cerchi scampo chi può mamma li negri!

Sia chiaro siamo aperti

a ogni loro esigenza

grazie al nostro passato di emigranti

però diamine un po’ più di rispetto

per chi a quest’ora schiaccia un pisolino,

parlare ad alta voce è di esseri incivili.

Guardali quanti sono

somigliano alle bibliche locuste

a un gregge di montoni in Aspromonte

gli uomini con fagotti nella mano

o in bilico sul capo

le donne più composte coi residui

della loro famiglia tra le braccia

o sospesi alle spalle.

Donne dolorosissime

con negli occhi i massacri delle guerre

e della fame donne fortunate

che si sono disfatte di altre donne

schiavizzate stuprate lapidate

con le ferite aperte

di matrimoni imposti e vedovanze

che intrecciano i capelli delle bambine bianche

col viavai di lunghe dita nere

sotto lo sguardo attento delle madri.

E uomini vaganti

tra lettini e ombrelloni

che come per un gioco di magia

estraggono da zaini e da borsoni

l’armamentario delle meraviglie:

borse a soffietto zufoli girandole

lingue di menelik ranocchi luminosi

nani spruzzanti bolle di sapone

rosari figurine

di Padre Pio e dell’odiato Papa

immagini di Cristo sorridente

con il cuore squarciato dalla spada

loro poveri cristi musulmani.

Signore dammi ascolto

spalancagli le porte dello Janna

e adagia sopra il seno delle huri

la loro schiena rotta

sotto il peso di inutili negozi

con una nube dove riposare

i piedi martoriati

dalla cocente sabbia del deserto

lungo la spiaggia di Montesilvano.

 

 

  Yo te encomiendo señor a estosnegros               

               
 que salen por decenas por cientos

por grupos o en fila india

del pasaje de la estación de trenes

muy cerca de mi casa

y en gran borlote caminan al mar

tapan la calle desatienden el tránsito

que ganas te darían aun de gritarles

y hacerles contrapunto:

¡Sálvese quien pueda ay mamá los negros!

Es claro hay apertura

para sus exigencias

gracias a nuestro pasado de emigrantes

pero ¡diablos! un poco de respeto

para todo el que a esta hora hace la siesta

y hablar en voz alta es incivil.

Míralos cuántos son

semejantes a bíblicas langostas

a grey de carneros en Aspromonte

los hombres con los bultos en la mano

o sobre la cabeza

mujeres comedidas con el resto  

de la familia entre los brazos

o colgados en los hombros.

Madonas dolorosísimas

que aún reviven matanzas de la guerra

y del hambre mujeres con suerte

de dejar atrás a otras mujeres

esclavizadas estupradas lapidadas

con heridas abiertas

de nupcias impuestas y viudeces

que trenzan los cabellos de las chiquillas blancas

con el vaivén de largos dedos negros

bajo la vista atenta de las madres.

Y hombres vagabundos

entre hamacas y sombrillas

que como por arte de magia

extraen de mochilas y de bolsas

el instrumental de las maravillas:

bolsas a inflar cohetería flautitas

espantasuegras ranitas con luces

enanos que soplan bolas de jabón

rosarios figuritas

de Padre Pío y del odiado Papa

imágenes de Cristo sonriente

con el corazón roto por la lanza

los pobrecillos cristos musulmanes.

Señor préstame oídos:

de par ábreles la puerta del Jana

y pon en el seno de las huríes

su propia espalda rota

por el peso de inútiles negocios

con una nube donde reposar

los pies martirizados

por la arena ardiente del desierto

allí en la playa de Montesilvano.

 

 

            Tiringrazio Signore

               

                per tutte le commesse che ho incontrato

all’Iper di Pescara Nord a Brico

                a Castorama a Auchan a Oasi a Sisa

alla Conad e agli altri supermarket

dove ci rifugiamo per sfuggire

all’ardore di questi pomeriggi.

Che gioia quelle bianche camicette

morigeratamente sbottonate

sul seno sotto camici attillati

col nome e con il logo dell’azienda.

Che regalo impagabile

le loro esili dita

che scorrono veloci

sopra i codici a barre dei prodotti.

Che mani alabastrine

con unghie di ogni forma e ogni colore

mani tamburellanti

sui tasti della cassa

mani di una bellezza folgorante

che disattentamente

incrociano le mie

collocando la spesa nelle buste.

Mani che resteranno

per tutto quest’agosto

fino all’estate prossima

nel disco fisso della mia memoria.

 

 

            Tedoy gracias señor

                por todas las cajeras que he encontrado

en el Íper de Pescara Norte en Brico

en Castorma en Auchan en Oasi en Sisa

en la Conad y en demás supermercados

donde hallamos refugio para huir

del calor de estas tardes.

Qué deleite aquellas blusas albas

levemente desabotonadas

en los senos bajo las batas ceñidas

con el nombre y el logo de la empresa.

Qué impagable regalo:

los dedos tan gráciles 

que discurren veloces

sobre el código de barras del producto.

Manos alabastrinas

con uñas de todo color y forma

manos tamborileantes

en teclas de la caja

manos de una belleza luminosa

que muy fortuitamente

entretocan las mías

colocando la compra en una bolsa.

Manos que quedarán

en todo el mes de agosto

hasta el próximo verano

en el disco duro del recuerdo.

 

Alla fine di via Agostinono

                

                doves’incrocia con il lungomare

aspettava paziente canticchiando

su una sedia di plastica a tre gambe

e distribuiva amore

ai neri e agli sbandati

per il modico prezzo di cinque euro

com’era scritto sopra un cartellino

che portava appuntato alla maglietta.

Lavorava in un vecchio casolare

dove cedeva la pineta il posto

a un viottolo invaso da sterpaglie.

Passavamo di lì per abbreviare

la strada per la spiaggia

e sembrava volesse salutarci

comparendo tra un intervallo e l’altro

con il berretto bianco e i pantaloni

a mezza gamba che si abbottonava

con studiata lentezza.

Scuoteva il materasso e lo metteva al sole

prima che l’occupasse un altro cliente.

Con la fronte segnata dalle rughe

e le guance cascanti nascondeva

il carico degli anni

imbrattandosi il viso

d’un fard acceso e spesse ciglia finte

sopra uno sguardo casto da bambina.

Le nuove costruzioni

si sono impossessate della zona

cancellando ogni traccia

di quella via e della sua presenza.

È rimasto soltanto un pezzo di cemento

dove vanno crescendo

cumuli d’immondizia e di detriti

e raggiungiamo il mare

per un viale con larghi marciapiedi

fiancheggiati da frassini

e recinti di bosso.

L’ho rivista stasera mentre passeggiavamo

per la strada che porta ai grandi alberghi

con lo stesso berretto e i pantaloni

azzurri a mezza gamba

e il passo dondolante d’un’ubriaca.

Chiedeva l’elemosina. Non so

se m’ha riconosciuto ma negli occhi

brillò un sorriso casto da bambina

quando accolse cinque euro nella mano.

Accettala Signore nella tua casa santa

ha dispensato gioia ai derelitti

lei stessa una reietta sulla terra

e dalle un letto morbido

e lenzuola di lino dove possa

riposare il suo ventre devastato.

 

             Alfinal de calle Agostinone

               donde cruza con la costa marina

esperaba paciente canturreando

en una silla trípode de plástico

y distribuía amor

a desbandados y a negros

por el módico precio de cinco euros

como estaba escrito en un cartelito

que llevaba apuntado sobre el suéter.

Trabajaba en un viejo caserío

donde dejaba la pineda el sitio

a una senda invadida de maleza.

Pasábamos allí para acortar

la calle hacia la playa,

y parecía que quisiera saludarnos

surgiendo entre un intervalo y otro

con el gorrito blanco y pantalones

a media pierna que se abotonaba

con estudiada tardanza.

Sacudía el colchón y lo ponía al sol

antes que lo ocupara un nuevo cliente.

Marcada la frente por las arrugas

y las mejillas flácidas escondía

el peso de los años

embarrándose el rostro

de colorete y de pestañas falsas

en la casta mirada de una niña.

Las nuevas construcciones

se fueron apropiando de la zona

borrando toda huella

de aquella calle y de su presencia.

Sólo ha quedado un trozo de cemento

donde van ascendiendo

cúmulos de inmundicias y detritus

y llegamos al mar

por una avenida con anchas aceras

alineadas de fresnos

y cercados de boj.

La vi de nuevo esta noche cuando andábamos

por la calle que va a grandes hoteles

con el gorrito y con los pantalones

azules a media pierna

y el paso tambaleante de una ebria.

Vivía de la mendicidad. No sé

si me reconoció pero en los ojos

brilló la casta sonrisa de una niña

                al recibir cinco euros en la mano.

En tu casa santa Señor acéptala

pues dispensó placer a derrelictos

ella misma una paria en esta tierra

y dale un lecho mórbido

y sábanas de lino donde alcance

a reposar su vientre devastado.

 

                              

            Torni presto l'estate

con la festa degli occhi se ti spalmo

la crema sulla schiena

e ti abbasso il costume

fino sul bianco accenno delle natiche

badando che il cursore della lampo

non s’impigli nei lembi della stoffa.

 

Torni presto perché facendo scorrere

solo un poco la tenda della doccia

t’affacci gocciolante

e con scatto di danza ti sollevi

sulla punta dei piedi ad afferrare

l’accappatoio appeso troppo in alto

e io possa per un attimo guardarti

nella tranquillità del tuo sorriso

mentre te lo strofini contro il corpo.

 

Non possa mai finire e non mi stanchi

di guardarti allo specchio

quando con la pinzetta ti affanni ad estirpare

quel pelo sull’areola che ti deturpa il seno

ci rinunci e m’accollo

il delicato compito sperando

di meritare un oh di approvazione

t’abbraccio e la tua bocca mi ripete

sapori e sensazioni di altri tempi.

 

Passi presto l’inverno col suo carico

di coperte e pigiami abbottonati

di body e di collant dove s’inceppa

la mia mano impaziente di carezze

e nel letto se esplora la tua pancia

avvolta nella fascia addominale

l’allontani con tenero rimprovero

è troppo fredda amore ora dormiamo.

 

Fa, Signore, che sia sempre estate.


Vuelva pronto el verano

con la fiesta en los ojos si te unto

crema sobre la espalda

y te bajo tu traje

hasta la seña blanca de las nalgas

vigilando que el cursor del cierre

no se enganche en los bordes de la tela.

 

Vuelva pronto porque haciendo correr

apenas la cortina de la ducha

aparezcas goteando

                y con salto de danza te levantes

desde la punta de los pies y tomes

la bata colgadademasiado alto  

y yo pueda un solo instante mirarte

en la tranquilidad de tu sonrisa

mientras la restriegas contra el cuerpo.

 

Que no termine nunca y no me canse

de verte en el espejo

cuando con las pinzas luchas por sacar

aquel pelo en la aréola que afea el seno

renuncias y me encargo

del delicado deber a la espera

de haber ganado un ¡oh¡ de aprobación

y te abrazo y tu boca me renueva

sensaciones y sabores de otros tiempos.

 

Pase pronto el invierno con su carga

de cobijas y pijamas con botones

de bodis y de pantis donde topa

mi mano impaciente de caricias

y si en el lecho explora tu barriga

envuelta en la faja abdominal

me la alejas con un tierno reproche

está muy fría amor ahora durmamos.

 

Haz oh Señor que sea siempre verano.

 

               

                NonnaGraziuccia

che dormiva sola

col pitale di creta sotto i trespoli

e con la carbonella

ammonticchiata dentro lo stanzino

scavava nel braciere

dove brillava un resto di tizzone

prima di andare a letto.

Il sonno era scandito

dal battito del pendolo

che a volte nella notte

dimenticava di suonare le ore.

Mi chiamava alle sette ogni mattina

per ripassare un canto dell’Iliade

o l’ultimo capitolo di storia

prima di prepararmi per la scuola.

 

Nonna Graziuccia

col piatto di zitoni al pomodoro

nel fazzoletto a quadri

                s’impregnava di sugo al dondolare

tra le mie dita strette ai quattro nodi.

Glielo portavo con il fiato in gola

e i suoi occhi gioivano

all’aprirlo fumante sulla tavola.

Mi regalava cinque lire a viaggio

che spendevo a comprarmi

il solito gelato

con lo spruzzo di panna sulla crema

e lo leccavo lento

allungando la strada per le zie.

 

Nonna Graziuccia

col cernitore appeso

al muro della casa dirimpetto

lo affittava per dieci lire l’ora

alle donne di via Cappellini

fino al corso di sopra vi scuotevano

le foglie di granturco

con cui ingrossare magri materassi.

Non seppi mai i suoi anni

forse settantacinque

il giorno che la vidi nella bara

con il rosario avvolto nelle mani

e senza un filo bianco nei capelli.

 

Nonna Graziuccia

con diecimila lire arrotolate

nascoste nella pentola sospesa

insieme agli altri rami sulla madia

dove impastava a pugni cadenzati

parrozzi di sei chili

e ringraziava Dio a ogni affondo

per il dono del pane quotidiano.

Con quei soldi le zie mi comprarono

al primo compleanno senza lutto

un tissot con lancette luminose

che sfoggiai per anni sopra il polso

di una casacca verde militare.

 

                Nonna Graziuccia

che dormi il sonno eterno

nel loculo appoggiato al pavimento

della chiesa Madonna delle Grazie

senza il tuo nome e senza il portafiori

vi è rimasto un anello arrugginito

dove infilare recitando un requiem

un mazzetto di finte margherite

nel giorno dei defunti.

Manchi soltanto tu

nella nostra cappella di famiglia.

   

            Abuela graziuccia

que dormía sola

con el orinal bajo los trípodes

 y con lacarbonilla

amontonada entre los trastes

removía en el bracero

donde brillaba un poco de tizón

antes de irse a la cama.

El sueño se escandía

por el golpeteo del péndulo

que a veces en la noche

se olvidaba de llamar las horas.

Me llamaba a las siete de la mañana

para repasar un canto de la Ilíada

o  el últimocapítulo de historia

antes de prepararme para la escuela. 

 

Abuela Graziuccia

con el plato de pasta al jitomate 

en la servilleta a cuadros

se bañaba de salsa al oscilar

entre mis dedos sujetando las puntas.

Se lo llevaba reteniendo el hálito

y sus ojos gozaban

cuando en la mesa lo abría humeante.

Por cada viaje me daba cinco liras

que gastaba en comprar

el habitual helado

con nata chorreando sobre la crema

y lo lamía lento

para alargar la llegada con las tías.

 

Abuela Graziuccia

con el cernidor colgado

en el muro de la casa de enfrente

lo alquilaba a diez liras la hora

a las mujeres de calle Cappellini

hasta la avenida arriba donde sacudían

las hojas de maíz

para engrosar los colchones famélicos.

Jamás supe su edad

–tal vez setenta y cinco–,

el día que la vi en el ataúd

envuelto el rosario entre las manos

y ni una sola cana en los cabellos.

 

Abuela Graziuccia,

con diez mil liras liadas

que escondía en la olla que colgaba

junto a los otros cobres sobre la masera

donde amasaba con manos cadenciosas

hogazas de seis kilos

y agradecíale a Dios a cada golpe

por el regalo del pan diario.

Las tías me compraron con las liras

en el primer cumpleaños ya sin luto

un Tissot con agujas relucientes

que presumí por años en la manga

de una chaqueta verde militar.

 

Abuela Graziuccia,

duermes el eterno sueño

en el nicho apoyado contra el piso

de la iglesia Madonna delle Grazie

ya sin tu nombre y ya sin el florero.

Allí te quedó una oxidada argolla

en que ensartar al recitar un réquiem

un ramito de falsas margaritas

para el día de los muertos.

Tan sólo faltas tú

en la que es nuestra cripta de familia.

 

                              

            S’affacciavaNinetta alla finestra

della casa più sotto di un gradone

di fronte a quella nostra. La guardavo

incollato alla rete del balcone

della stanza di sopra quando nonna

scendeva a sfaccendare con mia madre.

Non poteva vedermi

perché talmente fitto era l’intreccio

con solo qualche nodo sfilacciato

dalle impazienti dita

all’altezza degli occhi.

Con il seno poggiato al davanzale

stendeva mutandine

e reggipetti neri

tenuti da mollette che sembravano

uccellini venuti a riposare

su quei fili di ferro

ammorsati a due sbarre.

Oh mi fossi trovato lì appuntato

ad annusare il fondo delle coppe

bere l’ultima goccia

dell’impudica seta.

 

Ninetta che cantava le canzoni

di Natalino Otto

con i lunghi capelli alla Rita Hayworth

– lo diceva Michele

che già a quattordici anni conosceva

i nomi e i volti delle più famose

attrici americane –

vi passava le mani

per dargli più volume

arricchendo di riccioli le punte

e ammiccava sensuale come a dirmi

esci fuori Gigino t’ho scoperto

se mi vieni a trovare qualche sera

t’insegno a pettinarli.

E mi spossavo dentro lo stanzino

pensandomi nell’atto d’ingoiare

la sua fluente chioma

con fervore suicida.

Lei aveva vent’anni io solo dieci.

 

Erano tre sorelle rimaste orfane

di entrambi i genitori.

Alfreda la più piccola

con i nastrini neri sulle trecce

cullava la sua bambola di pezza

sull’uscio del portone.

Avevo gli stessi anni di Bambina.

                Un giorno nelle scale

giocò con me a fare l’infermiera

e m’infilò la mano nei calzoni

alzandosi la veste sopra il petto.

M’accarezzava l’innocente pelle

spingendomi a succhiare i suoi boccioli.

Chiamavamo quel modo di conoscerci

“cose di porcherie”.


  

Se asomaba Ninetta a la ventana

de la casa enfrente de la nuestra

un poco más baja. Y la miraba

pegado sobre la red del balcón

cuando abuela del cuarto de allá arriba

se bajaba a laborar con mi madre.

No me alcanzaba a mirar

porque era tan densa la trama

con apenas si algunos deshilados

por mis nerviosos dedos

a la altura de la ojos.

Con el seno apoyado en la cornisa

tendía las pantaletas

y los sostenes negros

sujetos por pinzas que semejaban

pájaros que venían a reposar

en aquellos alambres

fijados en dosbarras.

Oh si estuviera allí parado 

oler el fondo mismo de las copas

beber la última gota

de la impúdica seda.

 

Ninetta, que cantaba las canciones

de Natalino Otto,

con largo cabello a lo Rita Háyworth

–lo refería Michele,

quien ya a los catorce años conocía

los nombres y rostros de las más famosas

divas americanas–

le pasaba las manos

para darle más volumen

enriquecía de bucles las puntas

y me guiñaba sensual como diciendo:

Sal de allí Gigino que te he visto

si te vienes conmigo alguna tarde

te enseñaré a peinarlos.

Me la puñeteaba en el cuartito

pensando en el momento de engullirme

la cabellera suave

con fervor suicida.

Ella tenía veinte años y yo diez.

 

La tríada se había quedado huérfana

tanto de padre como de madre.

Alfreda la más chica

con cintitas oscuras en las trenzas

acunaba su muñeca parchada

en el umbral del portón.

Bambina tenía mi misma edad.

En la escalera un día

jugó conmigo a la enfermera

y me enfiló la mano en los calzones

alzándose el vestido sobre el pecho.

Me acariciaba la inocente piel

y me impulsaba a sorberle los senos.

Esa forma de juego la llamábamos

“haciendo porquerías”.

  


blog comments powered by Disqus